Credo di essere diventata un uomo.
O per lo meno..a metà: la metà di sotto è uomo.
Madonna, ho sto coso qui fra le gambe…ma vedo comunque le mie solite tette che mi disegnano un mezzo infinito ∞ sulla linea base del mio quadro visivo.
Sono diventata un’altra, anzi un altro, e sono nella “mia” stanza, anzi nella “sua”, perché ora io sono lui.
Son seduta in una sedia della cucina, tirata apposta qui in mezzo alla sala per l’occasione; nuda dall’ombelico in giù e mi…sto…insomma, mi sto masturbando.
Alla maniera maschile, chiaramente…o quasi. Si. No. Boh, non so esattamente.
È dritto e duro e tengo stretta nel pugno la “punta” come fosse la manopola del cambio di un’auto; muovo la mano in cerchio, come quando si ficca il palo dell’ombrellone nella sabbia.
Lento, rapido, un attimo di pausa…niente.
Cambio strategia, e comincio, sempre tenendolo per la punta, a menarlo come una lavandaia, alla maniera in cui si lavano i panni sull’asse di legno: si prende una estremità del panno da lavare e lo si striscia con vigore su tutta la lunghezza, partendo dall’alto verso il basso.
Sto gemendo e dico oscenità, come fanno spesso gli uomini: “si, ah, dai bella porcona, ancora…”
Si direbbe che io stia godendo a bestia, ma se devo dire la verità non sento nulla: quel ‘coso’ non mi appartiene.
Cambio strategia nuovamente: lo afferro sempre in cima, ma stavolta a modo di normale paletto, come si tiene in mano una spada, solo rivolta con la punta verso di me, e comincio a…girarlo come una manovella!!
Mi ricorda tanto le manovelle che si usavano per accendere le macchine d’epoca!
L’eccitazione è sublime, ma la vedo come fosse un film: mi eccito, ma solo con la mente, quel corpo non mi appartiene.
Lascio qualche secondo la mano, la guardo, ed è sporca di cioccolata in tazza; mi guardo le cosce, i pochi vestiti che ancora ho addosso, e trovo schizzi di cioccolata calda ovunque. La cosa è scocciante, mi ero appena fatta/fatto il bagno!
Non posso accettare una cosa simile: esco di casa nuda/nudo dall’ombelico in giù, e con sto “paletto” ancora bello dritto in mezzo alle gambe, puntato continuamente come una freccia verso la direzione in cui sto andando.
Scendo le scale sfuriando per il nervoso, mentre il salsicciotto ballonzola come certe lunghe antenne dei radioamatori.
Esco in strada, proseguo lungo il marciapiede, e finalmente entro nel bar “da Mario”, sbattendo la porta a vetri così forte che il vetro si stacca dalla porta, attraversa la strada volando orizzontalmente e si schianta contro una vetrina di pasticceria dall’altro capo della strada, mandando in frantumi anche quella vetrina lì. I cocci diventano migliaia e si infilzano come tante freccette sui dolci e sulle torte esposte in vetrina.
Sempre per la furia con cui ho chiuso la porta del bar, il campanellino legato sopra di essa continua a suonare anche mentre mi avvicino al bancone, senza segno di smettere: dlin! dlin! dlin! dlin! …
Mi rivolgo al barista e gli urlo “guarda qui, guarda che razza di cioccolata del cavolo che mi hai dato! Questa è cacca, non cioccolata! Rivoglio i soldi indietro!! Subito!”
Il barista non fa in tempo a rispondere, che già uno dei clienti che stanno li al bancone si gira verso di me, e mi squadra per bene con espressione tranquilla e un sorriso gratuitamente divertito, tipico di chi si è svegliato davvero molto bene quella mattina.
È Vasco Rossi; con un bicchiere di vino in mano, mi saluta: “Ciao Andrea, come te la passi?”
Io guardo lui, lo riconosco, poi guardo me, vedo che non ho nulla per coprirmi, ma non me ne vergogno, anzi lo trovo una cosa normalissima.
Ricambio: “eh, me la passo male oggi: guarda che macello mi ha combinato Mario, con la sua cioccolata! E poi ho un mal di testa…ma quel campanello della porta non smette mai di suonare?” drin! drin! drin! drin!…
Di colpo son spariti tutti, tranne il campanello, che continua: drin! drin! drin!…
Allungo una mano, spengo la sveglia, sento un “peso”; da sdraiata guardo in “basso”, sulla coperta, nel punto X.
Il gatto si era addormentato sulla coperta proprio lì fra le gambe, mentre nel sonno le tenevo casualmente aperte.
Ora è sveglio e si sta “lavando”, e mi trasmette un movimento ondulatorio mentre si lecca le zampe…
Oggi al lavoro penserò seriamente di “cambiare” il gatto: al suo posto metterò un cane… o ancora meglio, un uomo.
Puntano qui |
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