Sono in un limbo sena cielo, pavimento, muri, confini.
Solo colori, hanno senso solo i colori.
Esistono sollo il rosso, il giallo, l’arancione, il verde, blu, viola e tutti i milioni di tinte intermedie che occhio umano abbia mai visto.
Macchie ovunque, tutto intorno a me, come in un laboratorio in cui si fanno crash test per vernici.
Ogni cosa è una macchia di colore, e come in un acquerello dimenticato sotto la pioggia battente tutto si mischia e si sovrappone.
Una tazzina di caffè appena fatto, caldo, amaro, fumante, disegna una macchia scura marrone macchiata di bianco sopra una deformità verde scurissimo come il tavolo della mia sala da pranzo.
Di fronte a me c’è mio nonno; lo riconosco solo perché è verde chiaro dalle ginocchia in su fino al cappello blu, le braccia gialle tanto da far luce e le mani multicolore, con tutti i toni mischiati assieme, a dare quel senso buono di sporco pulito che solo un contadino possiede.
“Ciao nonno come va?”
La voce esce dal suo corpo sotto forma di arcobaleno in movimento: “benissimo, qui in paradiso si sta una favola: c’è il flipper, le carte, l’amaretto gratis, le pantofole riscaldate e non si va mai in bagno.”
“Son contento per te, nonno! Ma scusa, allora che ci fai qui?”
“Mi faccio un caffè”
Puntano qui |
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